AGONY

GENERE: Shoot'em Up | PRODUTTORE: Psygnosis | SVILUPPATORE: Art & Magic | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1992
Un antico tronco ricurvo in preda alle fiamme. Un promontorio oscuro e misterioso. Una tramonto infuocato che inonda con i suoi colori caldissimi una scena di distruzione apparente, soffiandovi ben più che un semplice alito di vita. E poi poche note di pianoforte, potentissime nella loro languida malinconia. Subito rincorse da partiture d'archi in grado di tessere una melodia fascinosa e penetrante. E quel proclama a lettere cubitali, tanto bellicoso quanto deciso, a far da contrasto con l'affranta tranquillità del quadro.

"Alestes metamorphoses into owl. The time to fight has come"...

Così si presentava Agony all'incredulo videogiocatore amighista nella primavera del 1992. E mentre questi ancora fissava lo schermo con la bocca aperta, ecco che con un battito d'ali sinuoso, incredibilmente fluido, quasi ipnotico, Alestes, trasformato in civetta per combattere, appariva magnifico ed elegantissimo, su uno schermo condiviso con i fondali più incredibili che un videogioco abbia mai sfoggiato. Le morti si susseguivano senza soluzione di continuità perché distratti da una scenografia la cui monumentalità è tuttora irripetibile. Un mare increspato da onde minacciose scorreva irresistibile bagnando relitti di antiche navi da guerra e rocce dalla scolpitura cristallina. Imponenti querce secolari dominavano scogli irti di insidie. Una luna immensa ed immensamente suggestiva si stagliava su un crepuscolo carico di mistero, il tutto sotto l'incessante battito di una pioggerella rarefatta ma talmente ben resa da indurre i più suscettibili a tentare di ripararsi con eventuali ombrelli o cappucci.

Uno spettacolo senza precedenti, reso ancora più straordinario dalla musica. Quella musica. Le percussioni potenti e implacabili, a sottolineare l'inarrestabile forza della tempesta appena cessata. I fiati, sibillini e misteriosi, a preannunciare un futuro prossimo nel quale si possono annidare spiacevoli sorprese. E questo era solo il primo livello. Una volta superato il trauma emotivo inferto da tanta bellezza, alcuni riuscivano anche a proseguire. E lo spettacolo che si trovavano di fronte non aveva eguali. Oscure paludi abitate da spiriti maligni, dove persino gli alberi sullo sfondo sembrano prendere vita, quando in realtà era solo il vento a farli muovere. Praterie dai colori autunnali lastricate di tombe pregne di spettri e abitate da draghi sputafuoco maestosi. Boschi di betulle in riva a placidi fiumi intervallati da pericolose cascate. Lande desolate su cui si stagliano immense roccaforti attorno alle quali inquietanti corvi svolazzano con fare minaccioso. Addirittura il cratere infernale di un vulcano attivo. Tutto al ritmo di musiche che non si limitavano al mero accompagnamento ma che erano in grado di esaltare e rendere ancora più emozionante il costrutto iconografico.

Agony era, ed è, uno dei giochi più affascinanti e d'atmosfera mai creati. Il fatto che fosse anche un ottimo sparatutto a scorrimento orizzontale è del tutto secondario, anche se è un ulteriore punto a suo favore. La scarsa varietà dei nemici è compensata dal loro numero e dalla loro bastardaggine, che tiene sempre alta la tensione ed il livello di sfida. La possibilità di acquisire le armi aggiuntive sottoforma di incantesimi da utilizzare al momento adatto, dona all'opera Art & Magic un inaspettato spessore strategico. Ed il divertimento ne guadagna, ma è ancora poca cosa di fronte alla maestosità emozionale allestita dai grafici e dai musicisti. Perché Agony è, in fondo, un atto d'amore. Amore verso il videogioco e verso se stesso, che la squadra di sviluppo ha usato come magico carburante per realizzare quella che può, a tutti gli effetti, essere definita un'opera d'arte moderna. È senza dubbio amore quello che Tim Wright ha infuso nella composizione dell'indimenticabile musica introduttiva, dedicata alla madre scomparsa. È amore quello con cui Franck Sauer ha dipinto i fondali. Ed è amore anche quello che ha spinto Yves Grolet a scrivere routines praticamente perfette. Così come amore, puro e semplice, è quello che prova chi si siede davanti allo schermo.

Perché, una volta entrati nell'ottica, Agony smette di essere semplice videogioco per elevarsi a viaggio spirituale nella fantasia di chi, per un attimo, non è più giocatore, ma bambino, che ascolta una fiaba oscura narrata da un computer invece che dalla propria madre. Un pezzo di plastica e silicio, direbbe qualcuno, ma con un cuore e un anima.
Andrea Corritore
Agony

Agony

Agony

Agony

© 2005 Retrocritics
Powered by dando.sando@gmail.com