ALADDIN

GENERE: Platform | PRODUTTORE: Capcom | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1993
Una delle cose che meglio rappresentano il mondo dei videogiochi (soprattutto quello dei vecchi videogiochi) sono gli stereotipi. La principessa da salvare, l'eroe senza macchia e senza paura, la cura certosina dei titoli nipponici contrapposta alla faciloneria realizzativa di quelli occidentali e l'assioma secondo il quale qualsiasi prodotto ispirato a costose licenze cinematografiche faccia inevitabilmente schifo. Una regola talmente consolidata che quando capitano le eccezioni che la confermano il piacere è doppio.

Siamo nel 1993: l'annuale vacca da mungere per i produttori di videogiochi è ovviamente il natalizio lungometraggio multimilionario proposto, con puntualità cambialesca, dalla Disney; nella fattispecie una rielaborazione zuccherosa e buonista della favola di Aladino. La Virgin non si fa scappare l'occasione, e per onorare il suo contratto con il colosso cinematografico americano prodce ed immette sul mercato in tempi strettissimi una trasposizione in pixel (su Mega Drive, AMIGA e PC) ad opera del talentuoso David Perry, che utilizza per le animazioni la tecnica del rotoscoping, già impiegata nell'ottimo Cool Spot. Il risultato, piuttosto insipido dal punto di vista ludico ma caratterizzato da una spettacolarità grafica non comune, si guadagna senza troppa fatica tutte le copertine delle principali testate del settore, oltre che una serie impressionante di recensioni sbrodolanti.

Ed il Super Famicom? Sulle macchine Nintendo le licenze esclusive per lo sfruttamento dei personaggi Disney erano state acquistate da Capcom, che le aveva utilizzate per una serie di eccellenti titoli sul Famicom a 8 bit e per Magical Adventure Starring Mickey Mouse proprio sul fratello maggiore a 16 bit. Conseguentemente, anche Aladdin finisce nelle mani dei programmatori nipponici. Che, in barba a tutti gli stereotipi sulle licenze citati in apertura, creano uno dei più puri e personali giochi di piattaforme mai usciti sulla grigia console della grande "N".

Aladdin infatti è un'opera che va direttamente al cuore del genere, taglia gli inutili fronzoli e utilizza pochi strumenti per restituire una delle esperienze più convincenti dell'epoca. Facendo leva sulle notevolissime capacità atletiche del furtivo protagonista, infatti, il giocatore affronta una serie di livelli dove il combattimento è ridotto al minimo e dove l'enfasi è tutta spostata sul salto. Aladino corre e compie balzi prodigiosi ma, soprattutto, sa rimbalzare. Rimbalzo che diventa il mezzo principale per andare avanti: sulle capocce dei (pochi) nemici e amici, su pali, tende, molle e più in generale su tutto ciò che le ambientazioni propongono e che può essere adatto alla bisogna. A questo va aggiunta la facoltà del ladruncolo arabo di potersi dondolare, spingere e arrampicare come un provetto ginnasta. Il complesso e curatissimo motore fisico che soggiace a tali dinamiche ed una struttura dei livelli pensata appositamente per esaltare le abilità motorie del personaggio, concorrono a creare un'azione adrenalinica e spettacolare, dove spesso si rimane in aria per quasi tutta la durata del percorso, con un'armonia, un equilibrio ed una perfezione formale semplicemente incredibili. Ed il ritmo di gioco ne guadagna fino a diventare orgasmico.

E se Aladdin è un goduria da giocare, anche l'aspetto audiovisivo non sfigura. I pacchetti grafici Wavefront, utilizzati per tutti i titoli Capcom di quel periodo, garantiscono un livello di dettaglio estremo, con fondali bellissimi e caratterizzati da una straordinaria suggestività tutta orientale, nonostante il limite dell'adesione pedissequa ai canoni estetici del lungometraggio originale. Ma sono le animazioni a lasciare a bocca aperta, costruite con una quantità di fotogrammi esagerata che soffia dentro ai personaggi giocanti e non un divino alito di vita.

Nonostante un simile insieme di grandiose caratteristiche oggi, dopo tutti questi anni, la trasposizione videoludica di Aladdin che i videogiocatori si ricordano è quella mediocrissima sul Mega Drive. Segnale che una buona campagna pubblicitaria funziona meglio di qualsiasi prodotto di qualità. E Aladdin per il Super Famicom di qualità ne aveva così tante da poter assurgere a simbolo di tutte le eccezioni che confermano la regola della bruttezza endemica dei giochi su licenza.
Andrea Corritore
Aladdin

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