DAI MAKAIMURA

GENERE: Action | PRODUTTORE: Capcom | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1988
Non è facile dare un degno seguito ad una pietra miliare. Non è facile dopo così tanto tempo dalla sua uscita, in un momento in cui il classico ferro da battere finchè è caldo oramai è solo un vecchio pezzo di lamiera rugginosa. Non è facile con tutti quei nuovi, agguerriti, concorrenti. Non è facile, infine, se non si ha più neanche quella superiorità tecnologica in grado di far strabuzzare gli occhi ai videogiocatori, di farli fermare e fargli prestare attenzione alla tua opera. No, non è per niente facile, non per tutti almeno.

Nell'autunno del 1988 però Capcom, con Dai Makaimura, dimostrò il contrario. Dimostrò che realizzare un seguito all'altezza di un titolo entrato nella storia (Makaimura) era in realtà facilissimo. Quasi una passeggiata. Si comincia abbandonando una vetusta tecnologia ad 8 bit e mettendo i propri ingegneri al lavoro ventiquattr'ore su ventiquattro su quella che sarebbe diventata la più potente e versatile scheda da coin-op dell'era bidimensionale. Si prosegue prendendo le fondamenta del capolavoro che, tre anni prima, aveva ridefinito i giochi d'azione piattaformica. Poi le si abbatte ed infine le si ricostruisce seguendo un progetto in grado di traghettarle in maniera magnifica nell'era moderna. Il segreto è lasciare intatto quel che di buono aveva l'originale in modo da renderlo riconoscibile, ma nel contempo ripensarlo, espanderlo e rifinirlo così tanto da cancellare qualsiasi potenziale rimpianto.

Ecco quindi ritornare quell'irresistibile atmosfera orrorifica sempre in bilico tra il serioso e la parodia. Ecco cavalier Sir Arthur ed il suo paio di mutandoni ascellari, di nuovo in marcia per salvare la principessa Prin Prin dalle grinfie del male, archetipicamente rappresentato dal diavolo in zolfo e pelle lucida, Astaroth. Ecco il livello iniziale ambientato nel cimitero infestato da morti viventi, marchio di fabbrica della serie, con la sua musica spettrale ed incredibilmente orecchiabile. Senza naturalmente dimenticarsi delle armi intercambiabili, stavolta ancora più diversificate, equilibrate e utili di prima. E poi il sistema di controllo. Che deve essere immediatamente assimilabile e coerente pur nei limiti che impone (come l'impossibilità di direzionare i salti una volta in aria). Ma non siamo più nel 1985, ci vuole qualcosa che limiti il bestemmiometro dei giocatori, che sennò si incazzano e smettono di versare gettoni. La possibilità di sparare in quattro direzioni, verso l'alto e verso il basso comprese, è quello che ci vuole, soprattutto se poi se ne rende intelligentemente indispensabile l'uso, donando alle meccaniche una dimensione ludica del tutto nuova ed esaltante.

E la strutturazione dei livelli? Il predecessore ne aveva fatto uno dei suoi cavalli di battaglia, la caratteristica che, più delle altre, gli aveva consentito di entrare nei (purtroppo inesistenti) libri di storia videoludica, e non vogliamo deludere gli appassionati, vero? Sotto perciò con mondi ancora più estesi e complessi, che non lesinano neanche sezioni a scorrimento verticale e che, per varietà di situazioni e spettacolarità delle trovate non temono confronti con nessun altro concorrente coevo. Le sorprese e la sensazione di meraviglia, del resto, non devono essere interrotte. Mai.

A ciò sono obbligati a contribuire anche i nemici. Devono essere tanti, vari, offrire anche un'interpretazione strategica del combattimento, costringendo il giocatore ad usare l'arma giusta al momento giusto, a dosare sapientemente i movimenti, a saper sfruttare nel modo più proficuo i poteri della nuovissima armatura dorata, con colpo speciale da caricare tenendo premuto il tasto d'attacco. Poi devono anche saper spaventare, rendersi riconoscibili ed entrare in quel regno proibito che è l'immaginario collettivo. Ma se ti chiami Capcom questa capacità ce l'hai più di chiunque altro. La ciliegina sulla torta, l'ultimo trait d'union con il passato, deve essere la difficoltà. Altissima ma ben calibrata. Feroce ma mai scorretta. Brutale ma mai soverchiante. Ed il capolavoro è servito.

Visto? Era facile, no? Certo, era facile per Capcom, soprattutto quella Capcom, del periodo '85-'95. Se dietro ci fosse stato qualcun altro, la cosa sarebbe stata molto più complicata, per non dire impossibile. Per la casa di Osaka invece, fare di Dai Makaimura uno dei giochi più divertenti, impegnativi ed affascinanti dell'epoca 16 bit è stata una passeggiata di salute. Prima di cadere nel vortice del seguito fotocopia, che ammorberà per anni i creatori di Street Fighter, la saga fu accantonata. Solo un altro, meraviglioso, episodio su Super Famicom ed una oscura e poco nota serie parallela di giochi di ruolo. Forse è meglio cosi; "per il suo bene", direbbe qualcuno. Perchè ripetere oggi una simile impresa non sarebbe affatto facile. Per nessuno, Capcom compresa.
Andrea Corritore
Dai Makaimura

Dai Makaimura

Dai Makaimura

Dai Makaimura

© 2005 Retrocritics
Powered by dando.sando@gmail.com