DONKEY KONG COUNTRY

GENERE: Platform | PRODUTTORE: Nintendo | SVILUPPATORE: Rareware | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1994
C'è stato un momento durante il quale il SNES sembrava la più potente e meravigliosa console sulla piazza. Un monolite nero che portava in dote giochi capaci di non sfigurare nemmeno su hardware radicalmente più avanzati e costosi. Un irresistibile oggetto del desiderio in grado, grazie alla sequenza ininterrotta di capolavori proposti ad un pubblico sempre più esigente, di resistere orgogliosamente all'assalto dei nuovi 32 bit mangia-poligoni Sony e SEGA, ritardandone in maniera efficace la conquista del mercato. Tutto iniziò nel giugno del 1994, quando al Consumer Electronics Show di Chicago Nintendo tolse i veli da quello che sarebbe divenuto uno dei più importanti titoli della sua storia: Donkey Kong Country. L'impatto che quelle immagini incredibili ebbero sui visitatori presenti alla fiera americana fu dirompente (alcuni credettero addirittura di vedere il primo gioco per Ultra 64!). Quando, il mese successivo, la stampa specializzata pubblicò le varie anteprime, il popolo degli appassionati sentì che stava per iniziare una nuova era. Rare, la piccola compagnia britannica coinvolta nello sviluppo, era riuscita nel miracoloso intento di portare la nuova generazione del divertimento interattivo dentro milioni di case. E senza obbligare chi le abitava ad acquistare una nuova console.

Non c'erano trucchi nè inganni: Donkey Kong Country girava sullo stesso SNES che molti distratti osservatori già davano sulla via del pensionamento. Eppure la sua veste audiovisiva non era solo strabiliante, ma anche rivoluzionaria. La parola chiave era rendering: tramite l'utilizzo di potentissime stazioni operative Silicon Graphics (con i relativi pacchetti di sviluppo Alias Power Animator) gli elementi grafici furono prima realizzati con poligoni tridimensionali, poi animati in tempo reale ed infine convertiti in sprites da far maneggiare al grigio 16 bit targato Kyoto. Il risultato fu sconvolgente. Il rischio economico che si accollò Rare per acquistare tutto il necessario alla creazione di una versione preliminare da mostrare a Nintendo, fu secondo solo al talento che i programmatori inglesi dimostrarono nell'usare quelle tecnologie nella maniera più efficace possibile. Tolto dalla naftalina in cui era stato conservato dopo la storica trilogia di inizio anni Ottanta, il celebre gorillone appariva in forma smagliante, forte dei suoi seimila e più fotogrammi d'animazione, capaci di renderne i movimenti talmente fluidi e naturali da far invidia persino al lungometraggio Disney di turno (in quel periodo The Lion King). La quantità di dettagli, gli effetti speciali (luci mobili, trasparenze, deformazioni) e la fluidità dell'aggiornamento video, resero Donkey Kong Country un'esperienza capace di mettere fortemente a rischio l'apparato cardio-vascolare del povero giocatore medio dell'epoca. L'opera Rare, poi, non era solo un'ostentazione di tellurica potenza tecnica, ma anche un meraviglioso viaggio attorno all'estetica del gioco di piattaforme occidentale. L'ambientazione, pur con accenti onirici, era disegnata in maniera realistica, accarezzata da una scelta dei colori e da una coerenza stilistica magistrali, che elevavano l'atmosfera a livelli superiori. La colonna sonora raggiungeva vette ancora più alte. Oltre che per qualità (musiche ed effetti avevano una pulizia ed una ricchezza tali da sembrare incise su CD-ROM) brillava anche per ispirazione artistica, con melodie ed arrangiamenti di maestosa ed indimenticabile epicità. Il confronto tra i videogiochi bidimensionali apparsi fino a quel momento e Donkey Kong Country non era nemmeno ipotizzabile. Perché la nuova avventura del primate Nintendo era il futuro, e non un suo piccolo assaggio in punta di lingua.

Anche dal punto di vista strutturale, il titolo anglonipponico era straordinariamente moderno. Estremizzando il minimalismo reiterativo e la brutale purezza del platform classico, riusciva ad attualizzarne i canoni, salvandoli per sempre dallo scorrere impietoso del tempo. Il detentore del pad doveva accompagnare Donkey ed il fratellino Diddy lungo una serie di livelli costruiti con il preciso intento di consentire un'azione velocissima e senza soste. Il ritmo di gioco era mozzafiato ma mai confusionario ed anzi caratterizzato da un'armonia quasi musicale nell'approccio alla progressione. Ogni piattaforma, ogni insidia, ogni nemico, erano appositamente posizionati per consentire all'esperto di terminare il percorso nella maniera più funambolica e spettacolare possibile. La perfezione di controlli e collisioni consentiva di sfuttare al massimo un simile impianto, garantendo la messa in scena uno spettacolo non solo estetico ma anche ludico di efficacia e modernità abbaglianti. Tuttavia Donkey Kong Country non era esente da alcuni fastidiosi difetti. Non c'erano situazioni dove poter utilizzare le specifiche abilità dei due protagonisti, rendendone di fatto inutile la diversità. Un problema, questo, che affliggeva anche i quattro amici animali, cavalcabili una volta liberati dalle apposite casse, il cui unico scopo rimaneva quello di facilitare l'avanzata verso la fine. Con il procedere dei livelli la varietà di situazioni, trovate e addirittura ambientazioni, subiva un drastico calo, provocando una fastidiosa sensazione di ripetitività ed abbattendo, insieme alla sospensione di incredulità, anche lo stimolo al proseguimento. La scoperta delle numerose stanze segrete non prevedeva remunerazioni abbastanza appetibili. I guardiani di fine area, infine, erano talmente banali e poco caratterizzati da sembrare inseriti di corsa all'ultimo momento.

Nonostante ciò, Donkey Kong Country si impose subito come una pietra miliare. Non solo perché era divertentissimo e carico di fascinosa atmosfera. La sua più grande qualità fu, infatti, la capacità di cambiare per sempre la percezione dell'appassionato nei confronti dell'apparato non solo tecnologico ma anche estetico del videogioco a 16 bit, spostando molto più in alto la barra delle aspettative per le altre uscite, contemporanee e future. Una febbre incurabile e continuamente alimentata da prodotti sempre più spettacolari ed esaltanti, che consentì la rinascita del SNES, garantendogli, oltre che un posto di rilievo nella storia, anche il dominio assoluto del mercato per un altro, importantissimo, anno.
Andrea Corritore
Donkey Kong Country

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