DYNAMITE DEKA

GENERE: Beat'em Up | PRODUTTORE: SEGA | SVILUPPATORE: AM1 | GIOCATORI: 1-2 | ANNO: 1997
Si possono riscrivere da zero le regole di un intero genere, traghettandolo nella modernità, e venire considerati irrimediabilmente minori? Sottoporre il picchiaduro a scorrimento allo stesso, rivoluzionario, trattamento che Yu Suzuki nel 1993 aveva praticato su quello ad incontri e cadere subito nel dimenticatoio? Proporre cura e valori produttivi da potenziale campione di incassi e rimanere relegati ad un’angusta nicchia di appassionati? La risposta è tristemente affermativa a tutte e tre le domande, se l'oggetto dell'indagine si chiama Dynamite Deka (o Die Hard Arcade al di qua del Pacifico) e se, soprattutto, ha la sfortuna di girare sulla macchina sbagliata, quella che non domina il mercato.

Eppure l'opera AM1 vantava potenzialità da non sottovalutare, frutto di origini quantomai nobili. Era infatti fratello minore di Altered Beast, Golden Axe e Alien Storm perché figlio della vulcanica mente dello stesso Makoto Uchida che, di quelle tre pietre miliari, era stato lo scultore principale. Veniva da un prezioso periodo di permanenza in sala giochi (su scheda ST-V) che ne aveva fatto conoscere le qualità ad un bacino d’utenza più ampio (per quanto strano possa sembrare oggi, in quegli anni folli e meravigliosi la cosa contava, eccome se contava). E, soprattutto, aveva ricevuto in dono una licenza cinematografica di grande richiamo, seppur limitatamente all'emisfero occidentale. Tutti elementi, questi, degni di sicuro interesse ma che nulla poterono contro tendenze commerciali impetuosamente dirette altrove e pronte a travolgere, cancellandolo dai radar, uno dei più visionari titoli SEGA di sempre.

Rielaborazione in tre dimensioni di un canone sino a quel momento orgogliosamente bidimensionale, Dynamite Deka costruiva la sua magnificenza sul cosmico balzo in avanti che l’utilizzo del poligono faceva compiere all’interazione. Al contrario dei suoi predecessori in bitmap, nei quali si dovevano disegnare uno per uno tutti i fotogrammi di animazione e legarli con precisione da amanuensi l’uno all’altro, il calcolo in tempo reale di movimenti, collisioni e fisica degli impatti apriva nuovi ed inesplorati orizzonti fatti di mosse, prese e contromosse a decine, utilizzo realisticamente complesso degli ambienti e varietà e plausibilità sconfinate nelle reazioni di tutto ciò che compariva su schermo alle sollecitazioni del giocatore. Elementi, questi, che avevano ovviamente come unico obiettivo quello di arricchire a dismisura la funzionalità ludica dell'insieme, plasmando un Virtua Fighter a scorrimento che, con la storica produzione AM2, condivideva il taglio evolutivo, la profondità, la superba articolazione delle meccaniche e la magnifica, fluidissima, armonia marziale degli scontri.

E' in questo innovativo contesto, quindi, che il massiccio Bruno Delinger e l'atletica Cindy Holiday (John McLane e Kris Thompson da noi) si trovano ad affrontare ondate su ondate di nemici sempre più pittoreschi, intervallate da sequenze animate precalcolate nelle quali premere il tasto giusto al momento giusto (precursori dei Quick Time Events di Shenmue), in un crescendo mozzafiato di azione adrenalinica e tellurica spettacolarità coreografica. La presenza di tantissimi strumenti diversi per aumentare il dolore fisico inferto agli avversari (armi da fuoco comprese: mitra, cannoni anticarro e, addirittura, uno sfiziosissimo lanciarazzi) fa il paio con l’inedita ed efficace possibilità di conservarne alcuni (i caricatori per le pistole) o di combinarne tra loro altri (accendini e bombolette spray), contribuendo a creare un’esperienza capace di generare compulsivo divertimento a tonnellate, soprattutto se vissuta in due contemporaneamente.

L’incendiario senso di sfida, alimentato da una difficoltà brutale ma mai scorretta, la goduriosa direzione artistica a base di colori saturi e vibranti, modelli tagliati con l’accetta e textures platealmente sgranate (in un geniale ribaltamento estetico che, grazie alla consapevolezza della messa in scena, trasforma le brutture grafiche di un’epoca pionieristica in clamorosi punti di forza) e l’attenzione maniacale al più piccolo dettaglio sono la cornice ideale per immortalare un gioco fantastico, pronto ad essere rigiocato e apprezzato anche dalle nuove generazioni. Troppo poco e troppo tardi come risarcimento forse, ma di sicuro meglio dell'oblio perenne a cui Dynamite Deka fu ingiustamente ed immediatamente relegato quando arrivò nei negozi.
Andrea Corritore
Dynamite Deka

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