METROID II: RETURN OF SAMUS

GENERE: Action/Adventure | PRODUTTORE: Nintendo | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1991
Undici e diciotto mesi, rispettivamente. Questi i lassi di tempo che separano Metroid II: Return of Samus da Super Mario Land 2: 6 Golden Coins e The Legend of Zelda: Link’s Awakening. In tutto fa appena un anno e mezzo. Tanto bastò a Nintendo per scolpire una tripletta di pietre miliari capace di riscrivere da zero le regole del videogioco da passeggio, togliendogli di dosso per sempre i disonorevoli panni del semplice, superficiale, scacciapensieri sino ad allora indossati con non poco imbarazzo.

Snodo storico fondamentale quello sopra descritto, che proprio la seconda, attesissima, apparizione della celebre cacciatrice di taglie intergalattica andava gloriosamente ad inaugurare. Return of Samus infatti è, al momento dell’uscita (novembre 1991), la più evoluta, ambiziosa e riuscita produzione tascabile mai creata. Nonché il primo tentativo della grande "N" di dare all’intrattenimento elettronico da strada dignità pari a quello casalingo. Parla chiaro in tal senso la scelta, senza precedenti, di ignorare il Super Famicom e plasmare il seguito diretto di uno dei titoli di maggior successo per NES direttamente sul piccolo Game Boy. Gli vanno dietro, ad ulteriore conferma degli obiettivi alti che si erano dati a Kyoto, il perimetro artistico, narrativo e ludico della nuova storia di Samus Aran: tutti e tre ampissimi. Tanto sconfinati da entrare a malapena e con grande fatica negli angusti 2 Mbit della grigia cartuccina che li ospita, dimostrando da parte degli autori una straordinaria comprensione dei limiti oggettivi della piattaforma alla quale questa doveva essere data in pasto.

A rendere Return of Samus un capolavoro è perciò proprio la cognizione di causa, vale a dire il capire perfettamente che fare un Metroid classico sulla scia del prototipo non avrebbe avuto senso per i tempi (spesso brevi quando non brevissimi) ed i modi (frammentari ma mai incoerenti) del gioco portatile. Ecco perché il motore della progressione adotta tutt'altri regimi. Se nell’originale il fulcro ero lo scoprire nuove abilità che consentivano l’avanzamento in zone precedentemente inaccessibili, stavolta la cavalcata in direzione del finale è scandita dallo stanare ed eliminare quarantotto Metroid nascosti nei più reconditi anfratti del pianeta SR388, loro desolato ecosistema d'origine. Ogni volta che se ne smarmella un numero pari a quello mostrato dall’apposito indicatore, il sistema di sicurezza Chozo fa abbassare il livello di acido che blocca il passaggio verso una nuova area. Così, di massacro in massacro, si scende sempre più in profondità. E lo si fa senza quasi mai guardarsi alle spalle, visto che il recupero dei potenziamenti raramente serve alla prosecuzione, mentre è indispensabile per avere salva la vita nei frequenti e sanguinosi scontri con le pericolosissime creature aliene. Una maggior linearità che non sminuisce affatto la portata dell’esperienza, consentendo invece di fare importanti progressi ad ogni partita, rendendola appagante e divertente anche nel caso questa non duri che pochi minuti. Le ricadute sul coinvolgimento sono grandiose: Return of Samus è un’opera che ammalia come poche altre e costringe a non liberarsi dalle sue spire sino a quando non le si è ispezionate fin nei più intimi recessi.

Superata magistralmente, in virtù di quanto sopra descritto, la prima barriera verso la gloria (costruire un ritmo adatto alla portabilità), Nintendo dovette ingegnarsi anche per oltrepassare il secondo, più difficile, ostacolo: quello tecnologico. Monocromatismo e scarsità di memoria avrebbero potuto abbattere qualsiasi buona intenzione. Ma gli operosi e talentuosi creativi nipponici sono da sempre imbattibili nel fare di necessità virtù, impastando quanto ottengono con la stessa materia di cui sono fatti i sogni. Sembra quasi di vederli, dopo decine di notti insonni, dopo essere stati letteralmente consumati da una passione bruciante e da una dedizione al proprio lavoro monolitica, trasformare con un pizzico di ineffabile magia le limitazioni tecniche in nuove, eccitanti, possibilità.

Ecco quindi il ristretto campo visivo, imposto dagli appena 2,6 pollici dello schermino, diventare una scusa per creare il Metroid più claustrofobico ed opprimente di sempre, grazie ad apposite, efficacissime, scelte narrative e progettuali e ad una difficoltà brutale ma mai scorretta. Un insieme di fattori, questo, che genera tensione ed ansia paragonabili solo al cinematografico modello (Alien) al quale Gunpey Yokoi, nel 1986, si ispirò per creare la saga. Ed ecco poi i grafici plasmare un comparto estetico che non è solo forma ma anche sostanza. Perché è proprio grazie ad un geniale utilizzo delle tiles che la loro opera evita qualsiasi ripetitività, annullando la confusione ed il disorientamento che il bianco e nero, applicato ad un titolo così complesso, in altre mani avrebbe generato. Il gigantesco lavoro di diversificazione di ambientazioni, nemici e musiche è infatti impeccabile nel dare al giocatore sempre i giusti punti di riferimento visivi ed uditivi, guidandolo dove c’è bisogno e abbandonandolo solo quando questi ha appreso e padroneggiato a dovere gli schemi interattivi necessari. L'intelligente disposizione delle stanze di salvataggio e l’ingegnosa costruzione della mappa, vastissima, intricata, debordante di segreti ed insidie ma quasi mai dispersiva, incoraggiano l'esplorazione limitando al minimo i peregrinaggi a vuoto. E, quando purtroppo alcuni elementi vengono ripresi perché, evidentemente, proprio non c’era più spazio per inserirne di inediti, il fastidio dura pochi minuti e si riesce sempre a ritrovare la strada giusta, con il risultato di risucchiare permanentemente l'utente dentro un'avventura graziata dai crismi dell'unicità.

Non è una preda facile da dominare, Return of Samus. Appartiene ad un’epoca nella quale la concezione del videogioco era molto diversa e certe ingenuità oggi potrebbero allontanare i meno avveduti. Ma è all’impianto generale che occorre guardare e, da questo punto di vista, il pargoletto nato a Kyoto renderebbe orgoglioso anche il più esigente dei genitori. Un Metroid atipico ma ugualmente colossale, capace di riproporre ovunque emozioni e profondità che solo nel comodo alveo del salotto di casa si erano potute fino ad allora assaporare. Imperdibile.
Andrea Corritore
Metroid II - Return of Samus

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