MYTH: HISTORY IN THE MAKING

GENERE: Action | PRODUTTORE: System 3 | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1989
Ho cavalcato i flutti impetuosi del tempo conoscendo cose che gli uomini comuni non conosceranno mai. Affrontando creature di cui si ignorava persino la reale esistenza. Vivendo momenti il cui ricordo andrà oltre la mia stessa vita. Con questa spada e queste gambe ho combattuto la storia ed ho vinto. Per questo l'ho riscritta a mia discrezione. Ed è avvenuto tutto giocando con Myth.

Per chi a scuola ha sempre visto i giganteschi tomi di storia antica e di epica come minacciosi Pac-Man che divorano come palline di naftalina le preziose ore da dedicare al cazzeggio, Myth è quello che ci vuole. Si impara qualcosa e lo si fa divertendosi. O quasi. In realtà non si impara quasi niente ma in compenso ci si diverte un mondo. Myth reinterpreta in chiave epico-intellettuale i principi ludici ed estetici sui quali si basa il platform classico. I primi attraverso una profonda commistione con elementi avventurosi tutt'altro che banali. I secondi invece impiegando un'ambientazione che mai prima dell'opera System 3 era stata resa con tanta efficacia.

Nei panni di un ragazzo del college in jeans e maglietta, ci si ritrova a correre per tre epoche diverse (antica Grecia / Norvegia vikinga / Egitto dei faraoni) nel tentativo di fermare il malvagio Dio Dameron, intenzionato ad impossessarsi della Storia per poterla riscrivere a suo piacimento, dominando cosi l'Universo. In ognuno dei tre periodi bisogna guadagnarsi l'uscita evitando trappole di ogni genere, eliminando nemici di ogni dimensione, saltando su piattaforme di qualsiasi conformazione. Ma anche, e soprattutto, risolvendo gli enigmi ingegnosi e bastardi che si palesano passo dopo passo, numerosi come date di guerre tra le pagine di un sussidiario. La loro attinenza con il tema di fondo del gioco è sorprendente, in quanto ognuno di essi riprende una determinata situazione presa di peso dalla mitologia e splendidamente riadattata alle esigenze ludiche del mito moderno chiamato videogioco. Ed il giocatore si immedesima.

Ho risalito i roventi gironi dell'Ade per arrivare sino alle porte di Atene. Ho accarezzato l'ambigua bellezza di Ninfo per ottenere la salvezza. Ho colpito tre volte il tallone d'Achille per recuperare lo specchio con il quale ho restituito alla Medusa il suo gelido e mortale sguardo. Le ho mozzato il mostruoso capo e l'ho usato contro le mille teste dell'Idra. Ed ero immensamente soddisfatto. La presenza di un inventario nel quale poggiare gli oggetti e le armi (per risolvere i rompicapo i primi, da utilizzare sensibilmente al contesto ed al nemico le seconde), nonostante obblighi a ricorrere troppe volte alla tastiera (provocando morti per distrazione), è ulteriore prova di una profondità strutturale aliena agli altri esponenti del genere. In più, diverse sezioni prevedono una discreta flessibilità, che consente di variare il modo in cui queste vanno superate, garantendo ulteriore diversificazione. Ed il giocatore si appassiona e si diverte. Ma, come disse Menelao quando gli decantarono le virtù di Elena di Troia, non è tutto oro quello che luccica. O qualcosa del genere.

Ho sconfitto i fantasmi dei valorosi guerrieri del passato, combattendo con l'unica luce dei fulmini che rischiaravano per qualche secondo i miei occhi. Ho strappato l'anello dei Nibelunghi dalle grinfie dell'immondo corvo nero. Mi sono fatto strada tra le orde di draghi sputafuoco e di ciclopi infernali nei boschi del Maelstrom per raggiungere Asgard ed affrontare Thor in persona. Ho vinto, ma non mi sono divertito come volevo. In diversi livelli non si hanno indizi su ciò che si deve fare per proseguire e spesso la soluzione è cosi contorta che più che impiegare il pensiero laterale ci si ritrova ad agire a casaccio, trovando, per pura fortuna, la mossa vincente. Ma quando questo non avviene la frustrazione è solo il preambolo alla noia e all'abbandono. Ciò, drammaticamente, avviene sin dall'inizio, quando, per una maldestra scelta, il primo enigma da risolvere è anche il più oscuro e complesso dell'intero gioco. Una cosa che può indurre a sfanculare Myth dopo appena trenta secondi e lasciarlo a prendere polvere sullo scaffale sino alla fine dei tempi. Inoltre, il sistema di controllo, per quanto ben studiato (tramite un solo pulsante, abbinato alle direzioni, si possono compiere otto attacchi diversi, tutti indispensabili) soffre di una risposta ai comandi deficitaria. La pachidermica lentezza con la quale l'impacciato protagonista si muove completa il quadro di una situazione tutt'altro che rosea. La morte inutile e ingiusta è sempre dietro l'angolo, anche in virtù di una difficoltà altissima e, in certi casi (come l'inaffrontabile sezione all'interno della piramide egizia) pure scorretta, con le sue collisioni mal calcolate e i suoi trabocchetti impossibili da evitare. Giocare Myth senza trucchi o gabole è un incubo. Ed il giocatore si incazza.

Ho sfidato la maledizione di Tutankahmen, intrufolandomi nella sua immensa tomba. Ho risolto gli indovinelli della sfinge ed alla fine l'ho anche distrutta, al termine di un furioso scontro sulle ali della mia mente. Ho partecipato a questa leggenda. Ho vinto e ne sono contento. Myth è un gioco dal potenziale altissimo, nel quale la quantità lorda di idee, oltre a precorrere la struttura dei moderni titoli d'avventura e d'azione, basterebbe per almeno altri dieci giochi. Ma è rovinato da una realizzazione a tratti dilettantesca. Ha un'atmosfera incredibile ed un fascino senza tempo, ma giocarlo correttamente è praticamente impossibile. Myth è difficile come un'Ordalia ma non garantisce la stessa gratificazione una volta che se ne è usciti vincitori. Myth è un opera che avrebbe potuto fare la storia ma che in realtà è rimasta sepolta sotto le pieghe impassibili del più potente tra gli dei: Crono.
Andrea Corritore
Myth

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