OUT RUN

GENERE: Racing | PRODUTTORE: SEGA | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1986
Quando, nel 1986, la mia Ferrari Testarossa decappottabile filava a velocità impensabili ed una splendida ragazza bionda sedeva al mio fianco, ero il padrone del mondo. Per pochi minuti mi staccavo dalle bassezze del mondo reale e diventavo tutto ciò che ogni bambino voleva essere. Cullato dal gigantesco sedile regolabile, volante con force feedback stretto tra le mani sudate, il piede che a malapena arrivava ad affondare sull'acceleratore, percorrevo simboliche autostrade interminabili, con il vento che mi passava tra i capelli e quella indescrivibile sensazione di libertà che poche cose al mondo sono in grado di regalare.

Out Run era la materializzazione dei sogni di un'intera generazione. Sviluppato per una versione pompata della stessa scheda che l'anno prima aveva ospitato Hang-On, il capolavoro di Yu Suzuki è probabilmente tutto ciò che un gioco di guida dovrebbe essere. Niente simulazioni esasperate ed esasperatamente inutili. Nessun parco vetture sterminato e sterminatamente fine a se stesso. Del tuning poi nemmeno l'ombra. Solo velocità, pura e semplice, capace di far uscire allo scoperto emozioni ben radicate ma talmente sopite e represse che sino a poco prima si dubitava persino della loro esistenza. Quasi come il Rock'n Roll per i ragazzi degli anni '50, con le sale giochi a fare da Ed Sullivan Show e l'opera SEGA nei panni di Elvis.

Out Run non è una gara agonistica, è un meraviglioso viaggio. Non si gareggia contro avversari per aggiudicarsi un premio, ma si corre contro il tempo e contro se stessi, e la ricompensa è la maggiore durata delle straordinarie sensazioni che il gioco elargisce con generosità inusitata. Il piacere non è dato dal pennellamento millimetrico delle paraboliche, dai sorpassi interni, dai cambi di marcia al limite, ma dalla voglia di lasciarsi andare, di percorrere a velocità folli paesaggi di una bellezza quasi dolorosa, mentre si è accompagnati dalle musiche più evocative che un videogioco abbia mai offerto. L'intelligente struttura a bivi fa sì che ad ogni partita il percorso sia diverso e che tanto splendore non venga mai offuscato dalla noia della ripetitività. Il divertimento è sempre ai massimi livelli, la salivazione è incontenibile, il cuore batte a ritmi innaturali mentre si sfreccia a 280 all'ora su trafficate Highways che si snodano apparentemente infinite attraverso spiagge assolate con surfisti e palme, villaggi di minatori, antiche e misteriose rovine, sconfinati prati fioriti interrotti qua e la dai mulini a vento, deserti roventi, tramonti infuocati, cittadine esotiche o verdissime campagne. I colori caldi penetrano dritti nell'anima, le solari note di brani come Magical Sound Shower, Passing Breeze e Splash Wave (selezionabili da un'apposita autoradio ad inizio corsa) rimangono impresse indelebilmente nella memoria di chi ha avuto la fortuna di sentirle dagli altoparlanti originali. Il modello di guida è volutamente semplice (ma non banale) per poter consentire a quanta più gente possibile di godere delle meraviglie che SEGA ha saputo distillare da una manciata di Mbits. La grafica, caratterizzata dall'impiego di una tecnica chiamata Super Scaler, che gestisce, ridimensiona e ruota centinaia di sprites dettagliatissimi senza colpo ferire, è a dir poco favolosa, impressionante tutt'oggi. Ma è l'equilibrio tra tutte queste componenti a rendere Out Run qualcosa di speciale.

Nel 1986 noi tutti volevamo diventare qualcuno: c'era chi voleva fare l'astronauta, chi l'esploratore, chi il pilota. Out Run avverava i desideri di tutti. Era li, alla nostra portata, e da subito. Era la fredda tecnologia che distribuiva caldissime sensazioni, il nuovo senza il quale il vecchio non poteva realizzarsi. Non era un videogioco qualsiasi, ma uno dei pochissimi momenti in cui il significato stesso della definizione (video-gioco) ha avuto realmente un senso.
Immortale.
Andrea Corritore
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