RAYMAN

GENERE: Platform | PRODUTTORE: Ubisoft | SVILUPPATORE: interno | GIOCATORI: 1 | ANNO: 1995
E’ stato tante cose e tutte insieme, Rayman. Ad esempio il primo videogioco europeo ideato per diventare campione di incassi sul mercato console mentre nel vecchio continente si era sempre privilegiato quello PC, tanto per cominciare. E poi un titolo in grado, ed anche questo non era mai successo, di combattere ad armi quasi pari con le più celebri e celebrate produzioni nipponiche. Ma, soprattutto, Rayman è stata la concretizzazione dei sogni di un ragazzo francese di nome Michel Ancel il quale, ventenne solitario davanti al suo Atari 1040 ST, immaginava e provava a plasmare mondi nuovi ed avventure fantastiche. Sino a divenire, oggi che di anni ne ha quasi cinquanta, uno dei più rispettati e riveriti creativi di un’industria ipertrofica ma drammaticamente priva di punti di riferimento umani ed artistici ben riconoscibili.

E punto di riferimento, Ancel, lo divenne sul campo con meriti incontestabili, considerato il calibro dell’opera con la quale si guadagnò la meritata fama. Arrivate al culmine della fase di transizione dalle due alle tre dimensioni, le gesta della piccola melanzana antropomorfa venivano narrate utilizzando la classica ed a quel punto quasi desueta cornice del gioco di piattaforme esplorativo. Nel quale, oltre a raggiungere indenni il termine dei livelli, occorreva anche scovare i collezionabili ivi nascosti, perdendosi tra strutture sì intricate ma mai inutilmente cervellotiche. Eppure, nonostante l’idea di partenza tutt’altro che dirompente, è nel suo svolgimento e nella creazione del contesto entro il quale questo si realizza, che Rayman risulta ancora oggi un gioco assolutamente fantastico. La progettazione delle mappe lascia senza fiato per complessità, inventiva ed equilibrio. La genialità delle trovate ludiche e coreografiche che si palesano uniche ed irripetibili in ogni area, tutte profondamente funzionali all’arricchimento dell’interazione, contribuisce a mettere in scena uno spettacolo gioioso e giocoso senza precedenti. L’armonia della progressione diviene superba, amplificata da un ritmo che, nel farsi più compassato rispetto alla media, evita qualsiasi cedimento e tocca empirei celestiali. Il piccolo uomo raggio corre, salta, picchia, si arrampica e scova nuove abilità con le quali aprirsi la strada verso zone prima inaccessibili sfruttando un grado di interconnessione tra game design e level design profondissimo, fino ad allora ammirabile solo nei più avanzati titoli giapponesi. E’ davvero sorprendente notare quanta cura, intelligenza e maestria siano state impiegate nella creazione delle meccaniche, nella realizzazione di controlli e collisioni (non meno che perfetti e non è cosa scontata considerate età e provenienza geografica) e nella definizione dei mondi di gioco. Tre elementi la cui solida unione genera divertimento e coinvolgimento come raramente se ne erano potuti assaporare. Al netto di alcuni picchi di difficoltà poco giustificabili e di qualche ingenuità viceversa giustificabilissima (persino fisiologica, considerando il pionierismo e l’ambizione che lo sottendono) Rayman è infatti un titolo capace di farsi classico immediato ed immediatamente riconoscibile, ricchissimo di fascino e prodigo di momenti magici.

Un traguardo, questo, raggiunto anche sulle ali di una componente estetica che definire straordinaria è persino riduttivo. Nelle suggestive e dettagliate ambientazioni inondate da una pioggia di colori saturi e caldi, nelle fluidissime animazioni di tutte le creature che appaiono su schermo, nella caratterizzazione adorabile e riuscitissima di ogni elemento (statico o dinamico che sia), in quelle vibranti musiche da Danny Elfman sotto acido, c’è già tutto il gigantesco portato emotivo della poetica Anceliana, che esalta la sensibilità artistica tipicamente europea del suo autore togliendole di dosso anni ed anni di approssimazione e scarsa ispirazione e rendendola finalmente matura e capace di parlare una lingua nuova e magnificamente personale.

Ecco quindi che, anche a distanza di così tanti anni, Rayman sa essere ancora fresco, accessibile, divertente da giocare e bello, anzi bellissimo da vedere e da ascoltare. In altre parole, il sogno di quel ventenne appassionato trasformatosi finalmente in solida e luminosa realtà. E sarebbe peccato mortale non riviverlo ad intervalli più o meno regolari. Chi scrive lo fa in media una volta ogni paio d’anni. Provateci anche voi, non resterete delusi.
Andrea Corritore
Rayman

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